E se il lavoratore esasperato dal clima ostile sul luogo di lavoro prende le difese di un collega criticando l’operato del proprio responsabile?

Ai sensi dell’art. 2105 c.c., vige in capo al lavoratore l’obbligo di fedeltà, quest’ultimo volto a tutelare l’interesse del datore alla propria competitività sul mercato, suscettibile di essere compromessa da condotte del lavoratore le quali, secondo una valutazione compiuta dal legislatore, possono integrare violazioni del generale dovere di buona fede contrattuale. Difatti, l’obbligo di fedeltà si sostanzia nell’obbligo del lavoratore di tenere un comportamento leale verso il datore e di tutelarne in ogni modo gli interessi.

E allora, esternare un’esasperazione verbale o scritta dai toni accesi ai propri superiori prendendo una ferma posizione in difesa di un collega è insubordinazione o esercizio del diritto di critica? La giurisprudenza si è interrogata se, nel caso, si realizzi un’ipotesi di insubordinazione, quale violazione degli obblighi di obbedienza e fedeltà a carico del lavoratore e, conseguentemente, la legittimità del licenziamento di tale lavoratore per giusta causa.

Ebbene, con la sentenza n. 26930 del 23.12.16, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha precisato che, a tal fine, occorre riferirsi attentamente alla ricostruzione del contesto ambientale lavorativo, emotivo e personale di maturazione dell’esasperata reazione verbale del lavoratore. Inoltre, occorre verificare se l’esternazione verbale del lavoratore consista effettivamente in un’insubordinazione, anche operando una valutazione coerente con i principii di diritto in materia di legittimo esercizio del diritto di critica. In altre parole, secondo la Suprema Corte, ai fini di un bilanciamento tra l’obbligo di obbedienza e fedeltà con il diritto di critica, occorre effettuare un’analisi del caso concreto, tenuto conto dell’ambiente lavorativo e dello stato personale del lavoratore.

Difatti, secondo la Suprema Corte, “deve essere confermata la motivazione della sentenza di merito che dichiara illegittimo il licenziamento per giusta causa inflitto al lavoratore per una presunta insubordinazione dovendosi escludere la rilevanza disciplinare dell’esasperata reazione verbale del lavoratore, dovendosi considerare il contesto ambientale lavorativo ed emotivo personale in cui detta reazione risulta maturata”.

Questo in quanto, in un ambiente lavorativo teso ed in presenza di un’esasperazione emotiva del lavoratore, la presa di posizione del medesimo nei confronti dei propri superiori, anche mediante toni accesi, non configura una volontà di gettare discredito al decoro dell’impresa ma l’esercizio del diritto di critica del lavoratore medesimo, determinato dalle particolari condizioni dell’ambiente di lavoro. In tale caso, l’eventuale licenziamento del lavoratore per insubordinazione o giusta causa è illegittimo.

(22.03.17)