L’imprenditore che stipula dei co.co.pro fittizi per risparmiare sulla posizione contributiva dei suoi collaboratori, commette un’evasione contributiva e non solo un’omissione. E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella recente sentenza n. 6405 del 13 marzo 2017 (sentenza n. 6405 del 13 marzo 2017)
Con la predetta sentenza la Suprema Corte ha respinto il ricorso di una società a responsabilità limitata che aveva proposto opposizione contro le cartelle emesse da Inps ed Inail per il pagamento di contributi e premi evasi relativamente a tre lavoratori assunti fittiziamente a progetto, di fatto, invece, mediante contratti di lavoro subordinato.
In tema di obbligazioni contributive nei confronti degli enti di gestione previdenziale ed assistenziale, la Cassazione ha, infatti, ritenuto che l’accertamento dell’esistenza tra le parti di un contratto di lavoro subordinato in luogo di uno di lavoro a progetto (benché regolarmente denunciato e registrato, ma di fatto privo di uno specifico progetto) integra l’ipotesi di evasione contributiva ex art. 116, comma 8, lett. b della Legge n. 388/2000 e non la meno grave fattispecie di omissione contributiva di cui alla lett. a della medesima normativa (art. 116 Legge n. 388-2000)
E tutto ciò perché, secondo il recente orientamento della Suprema Corte, la stipulazione di co.co.pro fittizi (cioè privi dei requisiti prescritti dalla legge) implica un occultamento dei veri rapporti lavorativi o delle retribuzioni erogate o di entrambi, e fa presumere la volontà del datore di lavoro di realizzare tale occultamento al fine specifico di non versare i contributi e/o i premi dovuti ad Inps ed Inail. Trattandosi, tuttavia, di una presunzione non assoluta, grava sul datore di lavoro inadempiente l’onere di provare la mancanza del predetto intento fraudolento e quindi di dimostrare la sua buona fede. Tale onere, peraltro, non può reputarsi assolto in ragione dell’avvenuta corretta annotazione dei dati omessi o infedelmente riportati nelle denunce sui libri di cui è obbligatoria la tenuta. In tale contesto spetta, infatti, al giudice accertare che vi siano delle circostanze di fatto atte a vincere la presunzione di cui si tratta.
Muovendo, quindi, dalle predette considerazioni, la Cassazione, nel caso specifico, ha respinto il ricorso della società a responsabilità limitata, stabilendo che i tre rapporti di lavoro oggetto del giudizio costituivano ordinari rapporti di lavoro subordinato, in quanto il progetto non possedeva alcuna delimitazione funzionale rispetto all’attività dell’azienda ed era dunque privo del necessario requisito di specificità richiesto ex lege.
All’azienda non è rimasto che pagare le cartelle di pagamento dei contributi e premi evasi.
(03.05.17)