I figli in età scolare restano con la madre che cambia città, anche se il padre ha ottime doti di genitore

I figli in età scolare restano con la madre che cambia città, anche se il padre ha ottime doti di genitore, è quanto ha statuito la Corte di Cassazione in una recente sentenza n. 18087/2016.

Affidamento e collocamento sono due concetti diversi tra di loro che investono inevitabilmente la quotidianità dei genitori separati e dei figli minori.

L’affidamento definisce la ripartizione e l’esercizio della potestà genitoriale sui figli minori in situazioni di non convivenza dei genitori; il collocamento, invece, consiste nella coabitazione del minore presso uno dei genitori.

A seguito della legge 54/2006, riformatrice della materia di diritto di famiglia, il legislatore ha scelto di prediligere l’affidamento condiviso dei figli minori, in modo da garantire la bigenitorialità, quale principio di equilibrio di responsabilità di entrambi i genitori nell’effettuare le scelte relative alla vita del figlio minore.

Oggi, ai sensi dell’art. 337 ter, II comma, c.c., il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo interesse morale e materiale di essa e valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori. Pertanto, se prima era prassi dei Tribunali affidare i minori esclusivamente alla madre, oggi i Giudici optano di base per l’affidamento congiunto, lasciando l’affidamento esclusivo ad uno dei genitori in caso di situazioni eccezionali, previa valutazione delle capacità genitoriali.

Nell’individuare il genitore presso il quale collocare i figli, il giudice effettua un controllo in concreto, prediligendo la realtà meno traumatica per i minori, quale l’idoneità di proseguire la propria vita senza mutamenti eccessivi nella sua quotidianità come mantenimento dei rapporti con la famiglia del genitore non collocatario, cambiare scuola e città.

affidamento figliNel fare ciò, la giurisprudenza è concorde nel seguire il criterio presuntivo del maternal preference, secondo il quale per i figli in età scolare o prescolare è da preferire il collocamento presso la madre, salvo che questa risulti palesemente sfornita di adeguate capacità genitoriali, educative e di accudimento.

Ma cosa fare quando la madre deve trasferirsi per esigenze lavorative?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass. n. 18087/16) ha precisato la preferenza per il criterio sopra descritto, anche nel caso in cui la madre si trasferisca in altra città per esigenze lavorative, previa valutazione in concreto sulla funzionalità di ciò all’interesse prioritario dei minori. Difatti, in tale pronuncia, la Corte di Cassazione ha affermato che “in un affidamento congiunto i figli restano collocati presso la madre anche se questa, vinto il concorso in magistratura, sceglie una sede lontana”, precisando che “stabilimento e trasferimento della propria residenza e sede lavorativa costituiscono oggetto di libera e non conculcabile opzione dell’individuo, espressione di diritti fondamentali di rango costituzionale, e secondo cui il coniuge separato che intenda trasferire la sua residenza lontano da quella dell’altro coniuge non perde per ciò l’idoneità ad avere in affidamento i figli minori o ad esserne collocatario, sicché il giudice, ove il primo aspetto non sia in discussione, come nel caso, deve esclusivamente valutare se sia più funzionale all’interesse della prole il collocamento presso l’uno o l’altro dei genitori, per quanto ciò ineluttabilmente incida in negativo sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non affidatario.

(09.11.2016)