BAMBINI E PARCO GIOCHI: CHI HA RESPONSABILITA’ IN CASO DI DANNI?

Quale luogo più appropriato per un bambino se non il parco giochi comunale ove giocare con i propri amici all’aria aperta?

Eppure, purtroppo, non sempre il divertimento porta solo felici ricordi. A chiunque, infatti, è capitato di sbucciarsi le ginocchia o di dover patire la crescita di indesiderati bernoccoli, dovuti a colpi accidentalmente subiti nell’atto del gioco. Tuttavia, ben più problematici sono i casi in cui i danni sofferti siano di un’entità maggiore. Chi potrà dirsi giuridicamente responsabile nell’ipotesi di lesioni sorte a seguito dell’utilizzo di attrezzature installate in luoghi comunali, come – appunto – quelle di un tipico parco giochi?

Secondo la Cassazione Civile (Sezione VI – 3, ordinanza n. 12549 del 20 aprile 2022), “in tema di responsabilità civile, l’utilizzo delle strutture esistenti in un parco giochi – a meno che non risulti provato che le stesse erano difettose e, come tali, in grado di determinare pericoli anche in presenza di un utilizzo assolutamente corretto – non connota, di per sé, una particolare pericolosità, se non quella che normalmente deriva da simili attrezzature, il cui uso da parte di minori presuppone, comunque, una qualche vigilanza da parte degli adulti, i quali devono avere ben presenti i rischi che ciò comporta, non potendo poi invocare come fonte dell’altrui responsabilità l’esistenza di una situazione di pericolo che essi erano tenuti doverosamente a calcolare”.

Orbene, in altri termini, la possibilità per l’utente danneggiato di riconoscere anticipatamente, con ordinaria diligenza, una possibile situazione di pericolo nell’eventuale utilizzo del bene, affiancata dalle perfette condizioni dello stesso, esclude la responsabilità del Comune ai sensi dell’articolo 2051 del codice civile. Nel caso preso in esame dalla Suprema Corte, per l’appunto, veniva rigettato ricorso rispetto alla richiesta avanzata da parte di un genitore per i danni subiti dalla propria figlia a seguito di caduta da un gioco, a suo dire oleoso e, per questo, causa principale dell’accaduto.

Gli Ermellini dichiaravano inammissibile il ricorso per mancanza di prove, oltre che motivare la decisione sulla base del criterio per cui i genitori debbano adeguatamente vigilare sui propri figli, impedendo a questi l’utilizzo di strumenti potenzialmente pericolosi, il cui rischio è dunque desumibile dalle medesime condizioni in cui essi si trovano.