E’ licenziamento per giustificato motivo oggettivo (in breve “licenziamento per g.m.o.”) quello disposto per “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro, ed al regolare funzionamento di essa” (art. 3, L. 604/1966).
Secondo la giurisprudenza, però, ai fini della legittimità del licenziamento per g.m.o., il datore di lavoro deve dimostrare non solo la sussistenza delle predette ragioni organizzative e produttive alla base del licenziamento e la loro incidenza sulla posizione lavorativa del lavoratore licenziato, ma altresì l’insussistenza all’interno dell’azienda di qualsivoglia altra mansione a cui adibire il lavoratore stesso (c.d. obbligo di repechage), mansioni che, sussistendone il consenso del lavoratore, potranno essere anche di natura inferiore rispetto a quelle originarie (c.d. demansionamento).
Infatti la giurisprudenza, nel contemperamento dei due interessi, conservazione del posto di lavoro, da una parte, e salvaguardia della professionalità acquisita dal lavoratore, dall’altro, ha ritenuto che “…l’adibizione del lavoratore, con il suo necessario consenso, a mansioni inferiori, neppure configurerebbe una vera dequalificazione, ma solo un adeguamento del contratto alla nuova situazione di fatto, dovendo ritenersi le esigenze di tutela del diritto alla conservazione del posto di lavoro prevalenti su quelle di salvaguardia della professionalità del lavoratore” (così Cass. Civ., SS. UU., n. 7755/1998 così come richiamata da Cass. Civ., Sez. Lavoro, n. 4509/2016).
Ciò considerato, ai fini della legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo disposto dal datore di lavoro, “…il datore di lavoro che adduca a fondamento del licenziamento la soppressione del posto di lavoro cui era addetto il lavoratore licenziato, ha l’onere di provare non solo che al momento del licenziamento non sussisteva alcuna posizione di lavoro analoga a quella soppressa, ma anche di avere prospettato al lavoratore licenziato, senza ottenerne il consenso, la possibilità di un suo impiego in mansioni inferiori rientranti nel suo bagaglio professionale, purché tali mansioni inferiori siano compatibili con l’assetto organizzativo aziendale insindacabilmente stabilito dall’imprenditore” (Cass. Civ., Sez. Lavoro, 08.03.2016, n. 4509).
In sintesi, secondo la giurisprudenza, per aversi un legittimo licenziamento per giustificato motivo oggettivo, non solo devono sussistere le ragioni legislativamente previste di riorganizzazione dell’assetto aziendale con conseguente soppressione del posto di lavoro, ma altresì sussiste l’obbligo per il datore di lavoro di verificare il re-impiego del lavoratore all’interno dell’azienda stessa, adibendolo, eventualmente e sussistendone il consenso del lavoratore medesimo, a mansioni inferiori rispetto a quelle precedentemente svolte.
E così, in caso di inosservanza di questa ulteriore verifica ad opera del datore di lavoro, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, in ipotesi, disposto, non potrà che essere dichiarato illegittimo con tutte le conseguenze di legge.